Corso di storia dell'economia: Hansen 1952

Lars Peter Hansen: econometria, incertezza e prezzi delle attività finanziarie
1. Introduzione
Lars Peter Hansen (n. 1952) rappresenta una delle figure più influenti dell’economia teorica ed empirica contemporanea. Professore all’Università di Chicago, Hansen ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire il rapporto tra teoria economica ed evidenza empirica, grazie all’elaborazione di strumenti metodologici innovativi e all’applicazione di questi ultimi al campo complesso e instabile dei mercati finanziari. La sua ricerca si colloca all’intersezione fra econometria, finanza e macroeconomia, e ha permesso di chiarire meccanismi fondamentali alla base della determinazione dei prezzi delle attività finanziarie.
2. Il metodo generalizzato dei momenti (GMM)
Il contributo forse più noto di Hansen è lo sviluppo del metodo generalizzato dei momenti (GMM), introdotto negli anni ’80. Si tratta di una procedura di stima econometrica estremamente flessibile, in grado di testare modelli teorici in presenza di informazioni incomplete e con ipotesi meno restrittive rispetto ai tradizionali metodi di massima verosimiglianza.
Il GMM ha avuto un impatto dirompente: è diventato uno standard nella verifica empirica di modelli macroeconomici e finanziari, consentendo agli economisti di valutare ipotesi sulla razionalità degli agenti, sull’efficienza dei mercati e sulla validità delle teorie dell’equilibrio generale. La sua forza risiede nella capacità di sfruttare condizioni di momento — ossia relazioni statistiche implicite nella teoria economica — come base per l’inferenza.
3. Il fattore di sconto stocastico e l’asset pricing
Altro snodo cruciale della ricerca di Hansen è lo sviluppo, negli anni Ottanta, della teoria del fattore di sconto stocastico (SDF), concetto centrale nell’asset pricing. Secondo questa formulazione, il prezzo di qualsiasi attività finanziaria può essere ricondotto all’attualizzazione stocastica dei suoi flussi futuri, riflettendo non solo il valore atteso, ma anche il rischio e l’avversione degli agenti.
Il lavoro di Hansen, e in particolare il celebre articolo con Ravi Jagannathan (1991), ha fornito una cornice unificante per interpretare modelli eterogenei di asset pricing, fissando condizioni di coerenza empirica note come bound di Hansen-Jagannathan. Questo approccio ha ridefinito il legame fra teoria e dati, mostrando che molte formulazioni eleganti della teoria finanziaria faticano a superare i test imposti dalla realtà empirica.
4. Hansen tra economia teorica e prassi empirica
L’aspetto più originale della figura di Hansen è la capacità di muoversi fra l’astrazione matematica e la verifica empirica. A differenza di altri economisti che hanno privilegiato la costruzione di modelli altamente formalizzati, Hansen ha insistito sul ruolo del confronto con i dati, sottolineando i limiti dei modelli tradizionali e aprendo la strada a una concezione più realistica dell’incertezza.
La sua opera può essere letta come una riflessione costante sulla fragilità delle ipotesi su cui si reggono i modelli economici. Più che fornire risposte definitive, Hansen ha sviluppato strumenti per interrogare i dati e mettere alla prova le ipotesi, conferendo all’econometria una funzione critica oltre che costruttiva.
5. Riconoscimenti e influenza
Il prestigioso Nemmers Prize (2006) e soprattutto il Premio Nobel per l’Economia (2013), condiviso con Eugene Fama e Robert Shiller, hanno consacrato la centralità del suo pensiero. È significativo che il Nobel sia stato attribuito congiuntamente a studiosi dalle prospettive quasi opposte — Fama, teorico dell’efficienza dei mercati, e Shiller, sostenitore delle bolle speculative. La presenza di Hansen in questo trio simboleggia il ruolo dell’econometria come arbitro critico tra visioni concorrenti: non per sancire verità assolute, ma per testare, confrontare, e rivelare le tensioni tra teoria e realtà.
6. Valutazione critica
Lars Peter Hansen non è un economista del “grande sistema” né un teorico di una nuova scuola. La sua originalità risiede piuttosto nell’aver reso l’economia una disciplina più autocritica e metodologicamente consapevole. La sua insistenza sulla robustezza empirica, sulla necessità di modelli che resistano alla prova dei dati e sulla flessibilità degli strumenti statistici, ha rappresentato un antidoto tanto all’eccessivo formalismo matematico quanto all’arbitrio interpretativo.
In questo senso Hansen può essere letto come un architetto dell’incertezza, capace di fornire agli economisti non tanto certezze, quanto strumenti per navigare la complessità dei mercati finanziari. La sua eredità consiste in una concezione più umile, ma anche più rigorosa, del sapere economico: un sapere che non pretende di predire il futuro, ma che deve saper mettere in discussione le proprie ipotesi di fronte ai dati.
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