Corso di storia dell'economia: Keynes 1883
John Maynard Keynes 1883
John Maynard Keynes (Cambridge, 1883 – Firle, Sussex, 1946) è una delle figure più influenti della storia dell’economia. Le sue idee hanno plasmato non solo la teoria economica del Novecento, ma anche il dibattito politico e sociologico.
La sua fama nasce dalla sfida radicale alle teorie classiche, incapaci – a suo giudizio – di dare risposte convincenti alla disoccupazione di massa esplosa dopo la crisi del 1929. Nel 1936, con la pubblicazione di The General Theory of Employment, Interest and Money (trad. it. 1947 e 1971), Keynes ribalta un dogma secolare: non è vero che “l’offerta crea sempre la propria domanda” e che i mercati, lasciati liberi, raggiungano naturalmente la piena occupazione.
Dimostra invece che l’economia può trovarsi in equilibrio anche con un alto livello di disoccupazione e che la domanda effettiva è il vero motore della ripresa. Di qui la sua conclusione: quando il mercato non è in grado di generare abbastanza domanda, lo Stato deve intervenire, anche a costo di un deficit di bilancio, per stimolare produzione, reddito e occupazione.
La sua teoria poggia su tre pilastri:
- Funzione del consumo – man mano che il reddito cresce, la quota spesa in consumi aumenta meno proporzionalmente, mentre cresce quella destinata al risparmio.
- Efficienza marginale del capitale – gli investimenti dipendono soprattutto dal rendimento atteso, non semplicemente dal tasso d’interesse.
- Preferenza per la liquidità – la domanda e offerta di moneta, insieme al risparmio, influenzano il tasso d’interesse.
Le sue idee sulla Grande Depressione furono adottate da diversi governi e accolte da una schiera di seguaci, ma generarono anche critiche e acceso dibattito.
Keynes si laurea nel 1905 al King’s College di Cambridge, inizialmente in matematica, ma presto – grazie all’influenza di Alfred Marshall – si orienta verso l’economia. Dopo un breve periodo al Ministero per l’India (1906-1908), torna a Cambridge come docente, senza rinunciare ad altre attività: investitore finanziario, consulente e, dal 1912, direttore dell’Economic Journal fino al 1944.
La sua prima grande opera, Indian Currency and Finance (1913), già mette in luce la sua critica al gold standard. Durante la Prima guerra mondiale (1915-1918) lavora per il Tesoro e rappresenta la Gran Bretagna alla conferenza di pace di Parigi (1919). In netto disaccordo con le pesanti riparazioni imposte alla Germania, si dimette e pubblica The Economic Consequences of the Peace (1919; trad. it. 1929), sostenendo che tali debiti avrebbero ostacolato la ripresa europea.
Negli anni ’20, tra saggi e interventi, matura il suo pensiero:
- Treatise on Probability (1921), sui fondamenti matematici della probabilità;
- A Tract on Monetary Reform (1923; trad. it. 1925), sugli strumenti di politica monetaria;
- A Short View of Russia (1925) e The Economic Consequences of Winston Churchill (1925), critica alla decisione di ripristinare il gold standard.
Già nel 1926, con The End of Laissez-Faire, denuncia i limiti del libero mercato. Appoggia piani di lavori pubblici per combattere la disoccupazione, prefigurando idee che la crisi del 1929 confermerà in pieno.
Negli anni ’30 pubblica Treatise on Money (1930; trad. it. 1932-34), dove affronta il divario tra risparmio e investimenti, e Essays in Persuasion (1931; trad. it. 1968). Culmine del suo pensiero è la già citata General Theory, che getta le basi della moderna macroeconomia.
Durante la Seconda guerra mondiale, come consulente finanziario del Cancelliere dello Scacchiere e membro della Banca d’Inghilterra, contribuisce a definire la politica economica del conflitto. Pubblica How to Pay for the War (1940; trad. it. 1971) e riceve il titolo di barone di Tilton (1942).
Nel 1944 guida la delegazione britannica a Bretton Woods, proponendo un ambizioso piano di riforma monetaria internazionale (International Clearing Union, 1943), che però non viene adottato. L’anno successivo negozia con gli Stati Uniti un nuovo accordo finanziario per sostenere la Gran Bretagna nel dopoguerra.
Keynes muore nel 1946, lasciando un’eredità che ha cambiato per sempre il modo di pensare l’economia: non solo una scienza di equazioni e mercati, ma uno strumento per migliorare concretamente la vita delle persone.
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